In Sardegna, nonostante le incertezze dell’economia e l’aumento dei prezzi delle materie prime, nella settimana di Pasqua non si rinuncia ai prodotti della tradizione, soprattutto dolciaria. Le Casadinas, le Ricottine, le Tiricche o tiliccas e le Pardulas e Is Pastissus senza contare le colombe, le uova di cioccolato e gli altri dolci tipici sardi sono solo alcuni dei prodotti offerti dalla biodiversità agroalimentare sarda, ad elevata vocazione artigianale, che comprende 243 specialità tradizionali, caratterizzate da metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidate nel tempo.
L’analisi che l’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna ha realizzato sul settore dolciario e di pasticceria racconta come tutte le leccornie, pasquali e non, vengano realizzate da 1.862 pasticcerie e imprese del settore dolciario, di cui 1.351 le aziende artigiane in rappresentanza del 72,6% delle realtà totali del settore, comparto che comprende anche pasticceria fresca, gelati, biscotti, cacao, cioccolato, confetteria. Nonostante questo, nell’Isola mancano all’appello 560 pasticcieri, gelatai e conservieri artigianali e panettieri e pastai artigianali, il 48,7% dei 1.150 ingressi previsti in ingresso.
“Le nostre tavole di Pasqua si arricchiscono con i prodotti della tradizione, che sappiamo fare come pochi altri al mondo – affermano Fabio Mereu e Daniele Serra, Presidente e Segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – l’Isola vanta una notevole quantità di prodotti ad elevata vocazione artigianale, da prediligere e gustare nella consapevolezza di aver scelto un prodotto buono, sano e realizzato nei nostri laboratori, che danno lavoro ai pasticceri del territorio e custodiscono le ricette tramandate di generazione in generazione”. “Secondo un recente studio condotto da Unione Italiana Food (Uif) – proseguono Mereu e Serra – il 20,7% delle famiglie italiane, per i dolci pasquali, preferisce prodotti artigianali. Ed è per tenere vivo tutto questo che da tempo siamo impegnati a far avvicinare i giovani al settore, mostrando quelli che sono gli elementi più attrattivi”.
Nella biodiversità agroalimentare regionale, sarda, ad elevata vocazione artigianale, primeggiano le paste fresche e la panetteria, la biscotteria, la pasticceria e la confetteria con 85 prodotti, pari al 35,0% del totale, seguiti da 63 Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati, pari al 25,9% del totale e da 21 formaggi, pari al 8,6%: queste tre tipologie di prodotti concentrano ben il 69,5% del totale.
Sui consumi, impatta però l’impennata dei prezzi delle materie prime che, per la maggior parte, viene assorbita dai produttori artigiani. Lo zucchero nel 2023 ha registrato un aumento del 28,4% su base annua, mentre le quotazioni del cacao sui mercati internazionali a febbraio 2024 sono più che raddoppiate (+107,9%) sul 2023. Rispetto alla scorsa Pasqua, i prezzi al consumo dei prodotti di pasticceria fresca registrano un ritmo di crescita del +3,3%. Invece, se consideriamo il triennio 2021-2024, i prezzi della pasticceria fresca sono cresciuti del 10,9%, meno della metà dei prezzi dei prodotti alimentari (+21,2%) e dei prezzi della pasticceria confezionata (+23,6%).
“I dolci artigianali di Pasqua – proseguono Presidente e Segretario – rivestono un’importanza fondamentale nelle tradizioni culinarie di questa festività. Realizzati con cura e maestria artigianale, non sono solo piaceri per il palato, ma anche simboli di condivisione e di legame familiare. La preparazione di queste specialità richiede tempo, dedizione e abilità, tramandate spesso da generazioni. Essi rappresentano non solo una delizia gastronomica, ma anche un modo per celebrare le ricorrenze pasquali, unendo le famiglie intorno alla tavola”. “Attraverso la loro arte, i maestri pasticceri trasmettono non solo sapori unici ma anche un patrimonio culturale e storico che va preservato e valorizzato – concludono Mereu e Serra – quelli pasquali non sono quindi più di semplici alimenti ma custodi di tradizioni, di gioia e di condivisione, rendendo questa ricorrenza un momento ancora più speciale e significativo per tutti coloro che li gustano”.
Nonostante i dolci sardi, anche nel 2024 la protagonista indiscussa sarà la colomba, un classico che conta poco più di cent’anni (nacque nel milanese nel 1919) e che, è bene ricordare, dal 2005, in base al decreto ministeriale del 25 luglio ha una sua specifica denominazione. “Colomba” non si può applicare ai prodotti di altri Paesi europei. Inoltre, nel dicembre 2009, il Ministero dello Sviluppo Economico ha stabilito le indicazioni specifiche sugli ingredienti da riportare sull’etichettatura dei prodotti alimentari e prodotti dolciari da forno. Norme alla mano i prodotti che utilizzano forme e modalità di presentazione identiche e confondibili con i prodotti disciplinati, ma sono identici solo all’aspetto, sono imitazioni. Per chiamarsi “colomba”, un dolce deve avere almeno il 16% di burro, uova di categoria “A”, cioè fresche e in quantità tale da garantire almeno il 4% in tuorlo, latte, miele, burro di cacao, eccetera. In una colomba “falsa”, invece, si possono trovare ingredienti molto diversi: prevalentemente, si tratta di dolci che contengono ingredienti scadenti, ad esempio grassi idrogenati, pochissimo burro e uova e molto zucchero, per “coprire” la qualità inferiore”.
Le 7 regole d’oro per la “vera” Colomba artigianale.
In base alla CIRCOLARE 3 dicembre 2009, n. 137021 del Ministero dello Sviluppo Economico, rer essere sicuri di portare in tavola il classico dolce di Pasqua:
1) La vera colomba deve innanzitutto avere la classica forma di… colomba. Può sembrare banale ma proprio la forma può essere il primo indicatore di un falso prodotto dolciario da forno.
2) Il primo ingrediente, quello presente in maggiore quantità, deve essere la farina di frumento e non lo zucchero.
3) È necessario controllare bene tutti gli ingredienti. Abbiamo davanti una vera colomba quando sono presenti tutti i seguenti ingredienti: farina di frumento, zucchero, uova e/o tuorlo, burro, agrumi canditi, lievito naturale, sale, mandorle. Se nell’etichetta ne manca qualcuno stiamo per acquistare un semplice dolce pasquale ma non una vera colomba.
4) Oltre all’elenco relativo agli ingredienti con cui deve essere fatta una colomba, ne esiste un altro relativo ai pochi altri che possono essere aggiunti alla giusta ricetta. Sono solamente questi: latte e derivati, miele, burro di cacao, malto, zuccheri, aromi, emulsionanti (per es: lecitina di soia), conservanti.
5) Quanto ai grassi, ricordare che nella colomba non ci possono essere grassi diversi dal burro, come margarina, strutto o altro, altrimenti anche in questo caso abbiamo di fronte un altro tipo di dolce.
6) La vera colomba, di norma, è priva di conservanti. Gli unici permessi nella colomba sono due: E 200 – acido sorbico e E 202 – sorbato di potassio.
7) La glassa può essere fatta oltre che con le mandorle, anche con armelline, nocciole, anacardi.
Il ciclo di produzione dall’impasto al confezionamento della vera colomba artigianale dura almeno 48 ore.
In generale teniamo sempre presente che sul mercato sono presenti diversi “dolci pasquali” che possono anche avere la stessa forma della colomba. La legge obbliga i produttori di questi dolci a rendere evidente che non si tratta di colomba, e addirittura chi li commercializza a non metterli gli uni accanto agli altri nel caso in cui questo possa creare confusione. Quindi un dolce che sembra una colomba per la forma e per la confezione, ma che non riporta tutte le caratteristiche anzidette non è una vera colomba.
Da escludere del tutto che si tratti della tradizionale colomba pasquale quando è la stessa etichetta a riportare la dicitura “dolce pasquale” o altro nome simile.