«La scorsa stagione in Sardegna come nel resto dell’Italia, la situazione emergenziale legata alla pandemia da Covid-19 ha determinato una mancata circolazione dei virus influenzali creando una sorta di blocco che ne ha impedito la diffusione. Quest’anno, invece, potrebbe esserci un ritorno del virus. Al momento non c’è un’allerta vera e propria, ma è chiaro che ci si attende una ripresa della circolazione». A dirlo è la professoressa Caterina Serra, responsabile del laboratorio di Virologia speciale, parte fondamentale del laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Aou di Sassari, diretto dal professor Salvatore Rubino.
Dal 1999 il laboratorio di Virologia speciale è centro certificato di riferimento per la diagnosi e la sorveglianza dell’influenza nella regione Sardegna e lavora in stretto collegamento con il Centro nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza InfluNet coordinato dall’Istituto superiore di sanità (Iss) con il sostegno del ministero della Salute.
Secondo i primi report epidemiologi dell’Istituto superiore di sanità la curva delle sindromi simil-influenzali in Italia continua a crescere con un livello di incidenza pari, nella 45° settimana del 2021, a 4,2 casi per mille assistiti. Si sottolinea però che la maggior parte dei casi di sindrome simil-influenzale segnalati sono riconducibili ad altri virus respiratori diversi da quelli influenzali. In questi giorni, poi, si è in attesa del primo report virologico dell’Iss.
«Lo scorso anno non abbiamo visto virus influenzale circolante – riprende la professoressa Serra – ma è anche vero che la vaccinazione antinfluenzale è stata elevata, si aggiunga il lockdown dovuto alla circolazione del Sars Cov-2 e l’uso massiccio delle mascherine, che hanno bloccato sia il virus influenzale sia quello del virus respiratorio sinciziale nei bambini».
Ma adesso la curva epidemica si mostra già alta e, a detta degli esperti, i ceppi che circoleranno potrebbero essere più aggressivi rispetto a quelli che hanno circolato negli anni precedenti. E assieme a questo sono stati registrati numeri molto più elevati di casi di infezione da virus respiratorio sinciziale che colpisce i bambini in tenera età rispetto agli anni precedenti e in anticipo rispetto al solito andamento che, solitamente, si verifica nel periodo tra dicembre e febbraio. «E sta già circolando anche in Sardegna con numeri importanti», avvisa la docente sassarese. Questo virus è la prima causa di bronchiolite nei bambini e colpisce prevalentemente i lattanti e i piccoli entro l’anno di età. Quest’anno ha fatto la sua comparsa fin dal mese di ottobre, facendo registrare, un aumento di ingressi al pronto soccorso e ricoveri, anche in terapia intensiva, per motivi respiratori.
«In Sardegna i primi casi di influenza li registriamo tra dicembre e gennaio – prosegue –. Vedremo adesso cosa accadrà, con le segnalazioni che arrivano dal Nord Italia e con gli spostamenti delle persone. A quel punto potremmo iniziare anche noi a vedere i primi casi». In Sardegna, di solito, il picco si raggiunge tra la quinta e la sesta settimana dell’anno, che corrispondono alle prime due settimane di febbraio.
Nel 2021-2022 la curva epidemica, come si ricava dal report dell’Iss, è stata pressoché piatta. Una differenza enorme rispetto agli anni precedenti, quando le curve mostravano un picco nelle settimane di febbraio.
«Anche quest’anno come nella stagione precedente – afferma ancora la professoressa Caterina Serra –considerando il protrarsi del contesto emergenziale dovuto alla pandemia da Covid-19, e poiché la sintomatologia dei virus influenzali è paragonabile a quella del Covid-19, è stato richiesto ai laboratori della rete InfluNet, di testare sistematicamente i tamponi che arriveranno dai medici sentinella, oltre che dai reparti di Pediatria, Medicina d’urgenza e Rianimazione in parallelo sia per i virus influenzali che per SARS-CoV-2».
Per la docente è importante difendersi contro l’influenza: «La vaccinazione si è sempre dimostrata efficace – conclude – e adesso è ancora più raccomandata per distinguere i sintomi da quelli provocati dall’infezione da coronavirus. Questo è il periodo giusto per fare il vaccino, perché si avrà il tempo di sviluppare gli anticorpi prima dell’arrivo del picco epidemico».
Sulla stessa lunghezza d’onda è il professor Paolo Castiglia, direttore di Igiene e controllo delle infezioni ospedaliere. Secondo il docente sassarese, rispetto allo scorso anno quando è stata registrata un’alta copertura vaccinale, questa volta la situazione si presenta diversa. «Il virus nel 2020 non ha circolato – afferma Castiglia – perciò la copertura adesso è minore. È diminuita la protezione nei soggetti non colpiti e l’immunità da vaccino è calata. Perciò quest’anno ci troviamo con un elevato numero di pazienti suscettibili all’influenza. Si aggiunga l’allentamento delle misure di contenimento del contagio – come distanziamento e uso delle mascherine – che rappresenta la condizione per una maggiore diffusibilità. Ecco perché è necessario ricorrere al vaccino».
Per il docente di Igiene, quest’anno i livelli di incidenza sono più elevati rispetto alle stagioni precedenti, «ecco perché dobbiamo ricorrere alla vaccinazione», ribadisce.
Il vaccino – quest’anno quadrivalente – è composto da vaccini ottenuti dai seguenti ceppi virali: A/Victoria/2570/2019 (H1N1)pdm09-like virus; A/Cambodia/e0826360/2020 (H3N2)-like virus; B/Washington/02/2019-like virus (lineaggio B/Victoria); B/Phuket/3073/2013-like virus (lineaggio B/Yamagata).
Ma se per l’influenza esiste il vaccino, per il virus respiratorio sinciziale non esiste una protezione vaccinale. «È una malattia altamente diffusiva – avverte ancora Paolo Castiglia – che colpisce essenzialmente i più piccoli. La pandemia ne ha ostacolato la diffusione ma adesso ci sono nuove coorti di soggetti totalmente suscettibili, tra i quali il virus può “correre”. Per questo è importante monitorare costantemente i bambini, per garantire la loro salute, oltreché evitare che il carico della malattia si traduca in pressione sugli ospedali, per Neonatologie e Pediatrie, con conseguente difficoltà assistenziale».