Perché Halloween non ci appartiene

Provate a chiedere che cosa si festeggi tra fine di ottobre e l’inizio di novembre! La risposta sarà corale: H-A-L-L-O-W-E-E-N!! Travestimenti, maschere, scheletri e scherzi sono gli elementi di questa ricorrenza che affascinano grandi e piccini. Peccato che si stia cogliendo l’aspetto più goliardico e superficiale dell’evento, ignorando i valori simbolici e culturali originali dove tale tradizione è nata.

Provate a chiedere ad un bambino che cosa si festeggi alla fine di ottobre – inizio di novembre! La risposta sarà corale: H-A-L-L-O-W-E-E-N!! Esteròfili come siamo, abbiamo importato ad occhi chiusi tradizioni straniere perché… sono più “cool”.
I mesi di ottobre e novembre sono stati sempre molto ricchi di richiami al mondo dei morti: le giornate si sono accorciate a viste d’occhio, l’imbrunire arriva a metà pomeriggio e trasmette quindi l’idea delle tenebre.
Da qualche lustro Halloween,ha avuto una diffusione virale  che – complice il marketing – si è trasformato in un “carnevale d’autunno”.Travestimenti, maschere, scheletri e scherzi sono gli elementi di questa ricorrenza che affascinano grandi e bambini. Peccato che se ne stia cogliendo solo ed esclusivamente l’aspetto più goliardico e esteriore dell’evento, ignorando i valori simbolici e culturali originali dei paesi in cui tale tradizione è nata: Stati Uniti, Gran Bretagna e Irlanda.

Vorrei specificare che non sono prevenuto contro Halloween per partito preso. E vorrei quindi spiegarlo!

  1. Abbiamo già simili feste nella tradizione italiana e regionale;
  2. Penso che non si sia perso il vero senso della festa di Halloween.

Partiamo dal termine Halloween che deriva da «Hallows’ Evening», letteralmente “Sera di Tutti i Santi” e infatti il simbolo di questa festa è Jack O’ Lantern un vecchio fattore che, secondo la leggenda, avendo peccato talmente tanto, neanche il diavolo lo volle accettare e allora tornato sulla Terra intagliò una zucca e iniziò a vagare per il mondo in cerca di un posto dove stare.

Nei paesi anglo-sassoni quindi non è semplicemente un ornamento da esporre fuori dalla finestra, ma un simbolo legato ad una tradizione antichissima che serviva a tener lontani gli spiriti che –sempre secondo la leggenda– si diceva vagassero per la città nella notte del 31 ottobre.
Inoltre la tradizione di «Trick or treat?» (dolcetto o scherzetto?) fatta da bambini vestiti da mostriciattoli o streghe deriva semplicemente dal fatto che gli elfi e le fate presenti nella cultura celtica usavano fare scherzi agli uomini.

Per il Celti, la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, è detta “Samain” che richiama la parola “san-fuin” ovvero “fine dell’estate”. In quella notte i morti confinati nel “mondo intermedio”, hanno accesso al mondo dei vivi. I Druidi appiccano un «fuoco rituale» su un’altura in modo che da quelle fiamme ognuno possa attingervi per riscaldare la propria casa. L’importanza dei fuochi ha un grande valore simbolico.

In Scozia invece è ricordato come “Nos Galan-gaeaf”, la «notte delle calende d’inverno». Anche in tal caso, avveniva un contatto tra morti e i vivi attraverso un «rimescolamento cosmico».
Quella notte ha un significato anche nelle tribù rurali: la terra s’appresta a dormire per poi risvegliarsi nella successiva primavera.

Come Scrive Alberto Massaiu «il 30 ottobre, nelle colline della Britannia, della Gallia, dell’Irlanda e della Caledonia venivano preparate delle enormi cataste di legno. Il 31 venivano accese e, in concomitanza, i fuochi dei focolari di ogni singola abitazione nei villaggi venivano spenti per tutta la notte. L’indomani, il primo giorno di novembre, i druidi si recavano di casa in casa a portare le braci ardenti del sacro fuoco nuovo, che simbolicamente delineava il trapasso dell’anno vecchio in quello che appena incominciato»
Inoltre, anche nell’isola di Man s’accendevano dei fuochi per «stornare la dannosa influenza di fate e streghe».

Lo storico delle religioni (nonché antropologo, scrittore, filosofo, mitografo) Mircea Eliade, fa notare che «la solidarietà dei morti con la fertilità e l’agricoltura si nota ancor più chiaramente studiando le feste o le divinità in relazione con uno di questi due complessi cultuali. Spessissimo una divinità della fertilità tellurico-vegetale diventa anche divinità funeraria […].» D’altronde i defunti sono quelli che “abitano sottoterra” come le piante!

Ma lasciamo da parte ora le usanze celtiche.
Tutto ciò non si differenzia molto da ciò che accadeva in molti nostri paesi della Sardegna dove i bambini andavano in giro per le case a chiedere «Sos mortos mortos» o «Is animeddas» rimediando spesso fichi secchi e caramelle! Anche in Sardegna, infatti, la notte tra il 31 ottobre e il 1° Novembre, secondo la tradizione, il “portone” che trattiene le anime del purgatorio si apre, permettendo a queste di girovagare –momentaneamente– per le case che un tempo furono di loro proprietà o di visitare luoghi ai quali si sentono profondamente legate.

I bambini sardi, vagavano vestiti di stracci, quasi a voler simboleggiare le anime dei piccoli defunti, e bussavano di porta in porta, domandando, con cantilene differenti da località a località, una piccola offerta, un piccolo dono per le “sfortunate anime del purgatorio” che in quella notte venivano ricordate più che in ogni altro giorno.

In Sicilia, secondo la tradizione, sempre nella notte tra il 1° e il 2 di novembre, i morti tornano a fare visita ai cari ancora in vita, lasciando un regalino ai bambini. La mattina del 2 novembre, quindi andranno in giro per la casa a cercare il regalo che il parente defunto ha portato durante la notte. In genere erano cose semplici come una “pupa ri zuccaro” (una bambola di zucchero oppure di pezza!). Non scordiamo che in tutto questo c’era una funzione anche didattica: fare in modo che i bambini tenessero nella loro mente e nel loro cuore le persone di famiglia defunte che non avevano mai conosciuto. Serviva anche a portare un po’ di allegria in famiglia in una ricorrenza di per sé triste. Era una gioia per gli adulti vedere come si illuminavano gli occhi dei loro bambini quando questi trovavano il loro regalo.

Aggiungiamo anche la “Morte Secca” in Toscana oppure in Campania i “Cicci muorti”.
Ecco perché Halloween è una festa che non ci appartiene: semplicemente abbiamo già le nostre tradizioni simili.
Non ci appartiene anche perché trasuda di bieco e banale marketing (nella sua accezione più squallida) e perché rischia seriamente di annientare la nostra profonda tradizione della Commemorazione dei defunti e sostituirla con il nulla.

Per una corretta consapevolezza culturale, sarebbe bene valorizzare o addirittura riscoprire la nostra vecchia e cara festa dei morti, partendo soprattutto dalle scuole (che invece organizzano per prime il carnevale di Halloween!)
Esterofili come siamo, il confronto tra Halloween e “sos mortos mortos” non può certo reggere! Molto meglio una festa travestiti da streghette o diavoletto! Ed io ritengo che le nostre tradizioni siano la nostra cultura e debbano rappresentare la nostra identità.
Come se non bastasse, si è voluto aggiungere un tocco esoterico che, qualche mente bacata, ha voluto dare a questa festa, come le notizie di cronaca (purtroppo nera) ci confermano, scatenando – come corollario! – l’ira funesta di coloro che, con altrettanta superficialità, lottano contro “Halloween festa satanica”!

E secondo voi, il mondo della comunicazione poteva lasciarsi sfuggire quest’occasione ghiotta? Si sa che i brand amano gli appuntamenti periodici come le festività.
Quale migliore occasione, quindi, per produrre contenuti creativi e …spaventosamente collegati a questa occasione in un turbinio di fantasmi, streghe e lupi mannari.

La Pepsi qualche anno fa ha stupito tutti con una campagna davvero geniale che, partendo dal tema legato ad Halloween s’è voluta togliere qualche sassolino dalla …lattina, portando avanti l’ennesimo capitolo della saga “Pepsi vs. Coke”. E fu così che –nel 2013– lanciò «We wish you a scary Halloween». Giocando sul fatto che ad Halloween si scelgono travestimenti spaventosi, capeggiava una lattina di Pepsi travestita da Coca-Cola (per la Pepsi, una strega brutta e spaventosa!)

Con questa campagna pubblicitaria la Pepsi attirò un’attenzione incredibile da parte dei media. Oggi diremo che quella campagna fu virale… ma nel 2013 quest’aggettivo era ancora legato al ceppo dell’influenza.
Poteva la Coca–Cola non raccogliere l’occasione per una replica con un instant marketing? Certo che no. Ecco allora «Everybody wants to be a hero!» dove i creativi ad Atlanta rilanciarono e giocarono sulla propria eccellenza. Infatti a differenza della pubblicità di Pepsi, non puntano a denigrare il competitor, bensì a riconfermare la supremazia sul mercato.
Risultato: il tocco di un semplice copy modifica completamente il messaggio, sottolineando che la lattina sembra proprio vestita da Superman. Pepsi – Coca-Cola: 0-1

Più complesso e articolato lo spot della Nike che riesce ad incastrare perfettamente il tipico tema “dark” di Halloween con uno storytelling ispirato al film “Scream”.
La protagonista è perseguitata da un killer. Che può fare? Correre, ovvio! «Run for your life»… Ma con un paio di scarpe Nike, riesci anche a seminare il killer. E «You’ll live longer» come recita il pay-off.

Nel 2014 la catena svedese IKEA per Halloween ideò un video per il mercato di Singapore che ricalca “Shining” il capolavoro dell’horror di Stanley Kubrick con il bambino che scorrazza tra gli stand del magazzino col suo triciclo rosso… Kubrick non avrebbe saputo fare di meglio.

E per Halloween Samara, la protagonista di The Ring, poteva non essere evocata? Certo, come promoter per “Phones 4Y”.  E non potrete non accettare il suo invito…
I bambini ne sanno una più di… Halloween. La Snickers lo sa… e ha ingaggiato una minacciosa signora che “consiglia” di riempire il proprio carrello proprio di praline Snickers.

Infine in questa brevissima carrellata di spot “horror” troviamo la Volkswagen che punta proprio sulla nomea dei tedeschi come persone rigide e poco inclini al sense of humour e pubblica una serie di auto che –nei film horror– non riescono a partire per poi invitare nel pay-off finale a chiedersi come mai nei film horror non ci siano mai auto Volkswagen.

Concludendo non dobbiamo permettere che le zucche e i fantasmi possano soppiantare i nostri dolcetti, le castagne, i fichi secchi o giocattoli. È giunta l’ora di riappropriarci della nostra identità e della nostra cultura, partendo proprio dai più piccoli. Ai genitori e soprattutto ai nonni va questo importante compito di tramandare e tenere saldamente in vita queste tradizioni, raccontando le favole e i racconti che hanno sempre inchiodato alla sedia intere generazioni di bambini, secondo le quali nella notte tra l’1 ed il 2 di novembre i nostri cari morti tornano a farci visita, portando dolci e regali.

È una questione di identità e di cultura: dobbiamo difenderla.
Ed ora che sapete il vero significato della zucca intagliata abbiamo la conferma che quelle che vedete in giro sono solo delle …zucche vuote!

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