Si studia Dante e la Divina Commedia, si approfondisce la storia, si disegna, si realizzano poster tematici e si affrontano anche temi sociali, perché il ricovero in ospedale non deve tenere i ragazzi lontani dalle loro abitudini o dalla vita di tutti i giorni. Ecco perché da anni, nell’Aou di Sassari, è presente la “scuola in ospedale”, una realtà consolidata che trova un vivo apprezzamento tra i bambini e i ragazzi ricoverati nei reparti di Pediatria e di Neuropsichiatria infantile.
Quella in ospedale è una vera e propria scuola, con un suo codice identificativo o meccanografico e fa riferimento a due istituti scolastici cittadini. Le scuole dell’infanzia e primaria sono una “costola” dell’Istituto comprensivo Monte Rosello Alto, diretto dalla professoressa Rita Paola Spanedda. La scuola secondaria di primo grado fa riferimento all’Istituto comprensivo Latte Dolce Agro, diretto dal professor Antonello Pilu.
L’iniziativa educativa si inserisce in un contesto delicato e di assistenza globale agli alunni ospedalizzati. Riconosce il diritto allo studio e all’istruzione ai ragazzi ricoverati e impossibilitati a frequentare la scuola.
«Il ragazzino con la scuola in ospedale, affiancato dagli insegnanti, esce dallo status di paziente per cercare di dare un senso alla sua esperienza di malattia e di guarigione. Inoltre, non perde il contatto con la realtà esterna». A dirlo è la professoressa Angela Manca insegnante di Italiano, Storia e Geografia nella scuola in ospedale in Neuropsichiatria infantile.
Dopo un periodo di sospensione delle lezioni, poiché il reparto ha fatto registrare la presenza di alcuni casi Covid tra i giovani pazienti, nella struttura diretta dal professor Stefano Sotgiu sono riprese le lezioni.
E così i ragazzi ricoverati in Neuropsichiatria infantile, grazie alle professoresse della scuola media e della maestra della primaria, non rimangono indietro in Italiano, in Storia e Geografia, quindi in Matematica e Scienze, in Arte, in Lingue con Inglese e Francese e in Musica.
L’istruzione e la salute, così, vanno di pari passo e i ragazzi possono recuperare competenze e conoscenze, oltre a mantenere l’equilibrio psicofisico.
«I ragazzi hanno bisogno di parlare – afferma la professoressa Angela Manca – ma hanno anche tanto bisogno di essere ascoltati. Spesso la scuola diventa un contenitore di numeri e dopo la pandemia si sono sviluppate fobie e difficoltà a relazionarsi. Il nostro lavoro, adesso, ci obbliga a trovare strategie per coinvolgerli».
I pazienti-alunni si ritrovano con le docenti nell’aula dedicata dal lunedì al venerdì, dalle 8,30 alle 13,30, talvolta anche il pomeriggio, dalle 14 alle 17. In reparto, oltre a una piccola biblioteca, hanno a disposizione anche un televisore, utilizzato per le giornate del “cinema”. «In alcune occasioni – spiega Angela Manca – dedichiamo una mattina a guardare un film e alla fine ci soffermiamo a discutere e commentare le tematiche legate alla pellicola». Ma le insegnanti, assieme ai ragazzi, stanno portando avanti un progetto al quale tengono in modo particolare. «Stiamo realizzando un giornalino che abbiamo chiamato “Il giornalino dei giusti” – afferma –. Grazie a un computer che ci è stato messo a disposizione, i ragazzi riescono a scrivere e a esprimersi».
La scuola in ospedale aiuta così a umanizzare il ricovero e diventa parte integrante del programma terapeutico. «Ha uno scopo pedagogico – conclude la professoressa Manca –, riduce l’ansia dei ragazzi, è uno spazio di cuore e dell’anima, tende a promuovere la crescita dei ragazzi, pur in situazioni difficili».