L’Associazione Culturale Sardi in Toscana (Acsit) ha festeggiato 40 anni di attività con un evento a Palazzo Vecchio. L’importanza di contrastare il fenomeno dello spopolamento anche con lo strumento della cultura.
«A Palazzo Vecchio è ritornata la musica sarda». Con queste parole Angelino Mereu, presidente dell’Associazione Culturale Sardi in Toscana (Acsit) ha voluto salutare il numeroso pubblico presente sabato scorso 18 novembre nella Sala d’Arme dello storico municipio di Firenze per festeggiare i 40 anni del sodalizio. Un evento impreziosito dalla partecipazione della Fondazione Maria Carta, che nella città di Dante ha portato il progetto “Freemmos”, attivo dal 2017 con una serie di azioni in Sardegna ma anche in Italia e all’estero per far conoscere il fenomeno dello spopolamento.
Una festa all’insegna della cultura e delle tradizioni isolane, per un giorno direttamente in Toscana, dove la presenza degli emigrati sardi è da decenni consistente e integrata. Eppure, all’inizio non era così. Nel suo appassionato discorso, il presidente dell’Acsit Angelino Mereu ha ricordato gli anni difficili che i sardi dovettero affrontare immediatamente dopo la costituzione dell’associazione. Erano gli anni dei sequestri di persona: tantissimi conterranei dovettero sopportare la diffidenza dei toscani nei loro confronti e spesso smontarne la beffarda ironia.
L’assessore Giovanni Bettarini ha portato il saluto del Comune di Firenze e ha augurato “chent’annos” all’associazione con una anticipazione: l’Amministrazione conferma l’impegno per uno spazio pubblico dedicato a Grazia Deledda. Sono poi intervenuti la vicepresidente e assessora dell’Agricoltura della Regione Toscana Stefania Saccardi, Antonello Picci, a nome dell’assessora del Lavoro della Regione Sardegna Ada Lai, e Bastianino Mossa, presidente della Fasi (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia), che riunisce gli oltre 70 circoli nella Penisola. Mossa si è soffermato sulla centralità della cultura, caposaldo delle attività realizzate dalla Fasi, e sulla continua e costante opera di promozione della Sardegna nel mondo portata avanti dalla Fondazione Maria Carta. Grande presa sul pubblico ha avuto la proiezione di un docufilm su Freemmos, un filmato che in pochi minuti, più di tante parole, è stato capace di dare l’idea della gravità del fenomeno dello spopolamento e delle risorse di cui occorre disporre per cercare di contrastarne gli effetti dirompenti. Ecco allora che in questo contesto rientra il ruolo cruciale dell’investimento in cultura. È ciò che del resto fa da anni la Fondazione Maria Carta. Recentissima l’iniziativa editoriale in accordo con il quotidiano La Nuova Sardegna, da cui è nata la pubblicazione del volume di poesie “Cantu Rituale”, scritto in italiano da Maria Carta nel 1975 e ora tradotto per la prima volta in lingua sarda da Clara Farina. «La lingua è una cosa importante e tutte le iniziative utili a favorirne la diffusione sono fondamentali», ha sottolineato Leonardo Marras, presidente della Fondazione Maria Carta, donando al circolo di Firenze una delle prime copie della pubblicazione.
La serata, presentata da Giacomo Serreli, presidente del comitato scientifico della Fondazione, si è conclusa con l’atteso concerto della cantante Maria Giovanna Cherchi e del duo Fantafolk (Andrea Pisu alle launeddas e Vanni Masala all’organetto). Infine, come omaggio a tutti i sardi nel mondo, è stato proiettato il video “No potho reposare”, realizzato dalla Fondazione Maria Carta con la partecipazione di numerosi artisti isolani.