Richiesta di proseguire le indagini per capire cosa sia realmente successo prima del rogo che ha coinvolto i due ragazzi il 17 aprile 2011.
Sono trascorsi oltre nove anni dalla notte in cui Manuel Piredda è deceduto, ma non si fermano le richieste dei genitori, che hanno sempre sostenuto l’innocenza del figlio. L’ultima richiesta al gip è quella di non archiviare e di disporre l’esumazione della salma del figlio per la seconda volta, per verificare la presenza di capelli nella mano e, in quel caso, effettuare la prova del dna su Valentina Pitzalis, rea, secondo i genitori di Piredda, di aver ucciso il loro figlio prima di inscenare l’incendio in cui poi è rimasta sfigurata.
Roberta Mamusa e Giuseppe Piredda, i genitori di Manuel Piredda, hanno chiesto che le indagini non vengano archiviate e, anzi, si prosegua con altre. La coppia insiste sul fatto che Manuel sia la vittima in tutta questa storia e che la vera colpevole sia l’ex moglie, diventata, dopo l’incendio, un simbolo nazionale della violenza contro le donne, che appiccato per coprire le prove del delitto. Le ipotesi di reato contestate alla Pitzalis sono di omicidio e incendio doloso.
Come riporta l’Ansa, “stamattina sono stati convocati i giornalisti in un albergo di Cagliari per una conferenza stampa, è stato proiettato un video con una voce fuori campo nella quale i genitori di Manuel hanno riassunto le ragioni dell’opposizione. Dopo tre anni di indagini, la Procura si è convinta che la notte del 17 aprile di nove anni fa nell’abitazione della coppia, a Bacu Abis, si è consumato un tentativo di omicidio-suicidio ideato da Piredda, poi è deceduto nel rogo”.