Intervista all’Avv. Ignazio Manca, consigliere regionale della Lega Salvini Sardegna, ad un anno dalla sua elezione.
E’ trascorso un anno dalla sua elezione, quali sono i suoi ricordi nel giorno di insediamento ?
Era il 4 aprile del 2019 quando, a distanza di 39 giorni dalle elezioni, con il giuramento degli eletti si è avviata la XVI legislatura. Non dimentico di certo l’emozione del primo giorno, vissuta con la spavalderia del neofita, con tanto di interviste su RAI 3 e sui media locali. Fui il primo ad arrivare in Consiglio e ad assaporare convenevoli ed auguri. M bastò poco, peraltro, per catturare l’aria di diffidenza mista ad invidia nei confronti della Lega, che bene o male con la sua vittoria aveva, di fatto, scompaginato i piani non solo di chi le elezioni le aveva perdute ma anche dei partiti di maggioranza, con i quali ci si avviava a dover convivere per un’intera legislatura. Tutto si presentò in salita fin dal primo giorno. Così è stato e, salvo miracoli dovuti all’emergenza Covid-19, così si trascinerà per l’intera legislatura.
Quando è stato il suo primo intervento in Aula ?
Non dimenticherò facilmente il mio primo intervento in aula, quello sulle dichiarazioni programmatiche del presidente Solinas, nel quale puntualizzai da subito “Non sono un politico ma un libero pensatore”, quasi a voler prendere le distanze da un mondo che si avvale di regole non scritte e da continui compromessi, il cui fine è quasi sempre la spartizione del potere e non la gestione della cosa pubblica nell’interesse esclusivo della società. C’è sempre un velo, abilmente steso dalle mani più esperte, in grado di coprire i fini perseguiti. Niente si muove per nulla, in un clima di perenne contesa, spesso invisibile all’esterno e proprio per questo ancora più subdola.
Ritiene quindi che oggi nelle istituzioni prevalgano ancora logiche di “vecchia politica” ?
Chiunque sia stato eletto proprio perché non rappresenta la politica tradizionale, non avrà vita facile. L’isolamento è dietro l’angolo, sia all’interno del Consiglio che del proprio partito. Ricordo quella volta in cui, prima dell’inizio dei lavori, chiesi la parola per intervenire fuor dall’odg per stigmatizzare il dileggio nei confronti dei sardi che, domenicalmente da decenni, echeggia negli stadi di mezza Italia accompagnato dai soliti belati di pecora. Era una risposta doverosa a quanti si ammantarono di sdegnata ipocrisia per i pochi ululati razzisti del Sardegna Arena nei confronti di un giocatore di colore interista. Su pressione dell’opposizione, cui l’intervento appariva scomodo, mi venne tolta la parola. In quel momento percepii che la libertà di pensiero, come quella di parola ha dei precisi limiti.
La sua, sembra un’aperta critica al cosiddetto “politically correct”
Tutto deve essere politicamente corretto. Orbene, se questo rappresenta il moto per chi intende la politica come mezzo per conquistare il potere, tale non potrà mai essere per chi ha impegnato la propria esistenza per combattere il potere, specie quello rappresentato dal pensiero unico. Un sovranista non potrà mai accettare lo scambio tra i suoi principi e la conquista del potere fine a se stesso. In molti auspicano che con la fine di questa lunga quarantena possa aversi una svolta nei costumi sociali e quindi politici del paese e del mondo. Dubito che ciò avvenga. Tutto è stato abilmente studiato dal potere finanziario, che dovrà trarre solo vantaggi dalla pandemia. Fino all’autodistruzione.