È una data che da quasi 80 anni infiamma e divide gli animi degli italiani. E quest’anno si è iniziato a parlarne a causa di un monologo censurato. Io vorrei partire da un sondaggio demoscopico di qualche anno fa per provare a capire come questo giorno sia percepito.
L’Istituto Eumetra MR di Milano nel 2018 volle verificare in quale misura gli italiani fossero realmente consapevoli di che cosa rappresenti il 25 aprile. Fu preso in esame un campione nazionale dai 17 ai 70 anni e la ricerca evidenziò un quadro decisamente preoccupante. Solo due persone su tre (67%) dimostrano di ricordare, con relativa precisione, cosa si festeggi il 25 aprile. Ma il restante terzo del campione (33%) aveva le idee abbastanza confuse: per il 18% si festeggia «l’Unità d’Italia» o «l’anniversario di Roma come Capitale» (3%) o «la festa del lavoro» (2%). Poi c’è chi lo collega un po’ vagamente alla «fine della seconda guerra mondiale» (9%). La fascia anagrafica “più ignorante” è stata quella dai 25 ai 45 anni (con circa il 40% di difficoltà nel contestualizzare la data storicamente). Tra i laureati poi ben uno su quattro ignora il significato della ricorrenza. Mi pare un quadro un pochino problematico.
Proviamo a chiedere ad un qualsiasi cittadino francese cosa si festeggia il 14 luglio in Francia. Vi risponderà con tutto l’entusiasmo nazionalista gallico cantando «Allons enfants de la Patrie… le jour de gloire est arrivé!». Oppure chiedete ad uno yankee perché negli Stati Uniti il 4 luglio sia una festa. In Italia, per molti, è solo un giorno di vacanza da scuola o dal lavoro.
C’è poi chi la sente come una festa divisiva poiché non ne condivide le istanze ideologiche che spesso vengono evocate nei festeggiamenti. E c’è anche chi si domanda se esista al mondo un’altra nazione che festeggi la propria sconfitta in guerra…
Effettivamente il 25 aprile è una data controversa: ha segnato – libri di storia alla mano – la fase prodromica a quell’orrenda sceneggiata di piazzale Loreto definita da Ferruccio Parri, (capo partigiano!) una “scena da macelleria messicana”. Una “liberazione” che ha portato alle foibe titine. Un giorno che ha dato il via alle stragi del famoso “Triangolo rosso” di Reggio Emilia. Dopo quasi 80 anni, ancor oggi, le celebrazioni sparse in tutto il territorio della penisola sono caratterizzate dai fazzoletti rossi, dai “pugni chiusi” e la colonna sonora ufficiale è «Bella ciao»! E pazienza se nessun partigiano l’abbia mai cantata! Più che la festa dei partigiani è una festa “partigiana”, cioè di parte!
In molti, in questi ultimi anni, hanno avanzato la proposta di considerare questa data come un giorno commemorativo di tutte le vittime della seconda guerra mondiale, comprese quelle della guerra civile e della Repubblica di Salò e le vittime delle stragi nel famigerato “Triangolo rosso di Reggio Emilia” tra il 1945 ed il 1948 (quindi a guerra già conclusa!) compiute da partigiani e da militanti di formazioni di matrice comunista. Solo nel bolognese le vittime di azioni compiute dopo il 21 aprile 1945 ammonterebbero a 773 (di cui 334 civili fra cui 42 donne). Dal 24 aprile al 5 dicembre 1945 come è stato rivelato dal libro di Roberto Beretta «Storia di preti uccisi dai partigiani» furono assassinati 129 preti.
Basterebbe poi leggere alcuni libri di Giampaolo Pansa da «Il sangue dei vinti» a «Sconosciuto 1945» o «La grande bugia» per aver un quadro più esaustivo di quella parte della nostra storia! L’idea di considerare il 25 aprile un giorno commemorativo (e non una festa!) è stata sempre avversata da molti.
Quasi nessuno sa un episodio che avvenne il 1° gennaio 1947 nel cimitero monumentale di Perugia: Corrado Sassi e Bruno Cagnoli deposero una corona di fiori sul monumento ai caduti della Prima guerra mondiale. Chi erano costoro? Corrado Sassi era un partigiano della “brigata Garibaldi – Francesco Innamorati” e Bruno Cagnoli, un aderente alla Repubblica Sociale Italiana. Un partigiano e un ex “repubblichino” quindi che due anni prima si sarebbero scontrati selvaggiamente e che insieme deposero una corona come “gesto di riconciliazione”.
Questo gesto di riconciliazione è descritto in un libro dal titolo «Quel capodanno perduto». E il 25 aprile di qualche anno fa, Daniele Sassi, figlio di Corrado e Alberto Cagnoli, figlio di Bruno, hanno voluto ripetere il gesto dei loro padri. Gesto che molti si ostinano a rifiutare. Sarebbe quello un modo per rendere più partecipata questa ricorrenza anche per coloro che non vi si sentono rappresentati.
Cesare Pavese scrisse «[…] ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini. Sono questi che mi hanno svegliato. Se un ignoto, un nemico, diventa morendo una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura a scavalcarlo, vuol dire che, anche se vinto, il nemico è qualcuno, anche dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue, giustificare chi l’ha sparso. Si ha l’impressione che lo stesso destino che ha messo a terra quei corpi, tenga noialtri inchiodati a vederli, a riempircene gli occhi. Non è paura, non è la solita viltà. Ci si sente umiliati perché si capisce – si tocca con gli occhi – che al posto del morto potremmo essere noi: non ci sarebbe differenza, e se viviamo lo dobbiamo al cadavere imbrattato. Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione». Questo scrisse Cesare Pavese.
Ecco perché quel 25 Aprile 1945 resta ancora un giorno che divide anziché unire, una data che ha mantenuto intatto quello stesso spirito astioso di allora.
Allora mi viene in mente un esempio: il 25 dicembre o l’8 dicembre sono feste cattoliche in cui si festeggia rispettivamente il Santo Natale o l’Immacolata Concezione. Gli uffici e le scuole restano quindi chiusi giustamente anche per un cittadino italiano scintoista, musulmano o ateo che ha pienamente diritto al giorno di vacanza sebbene siano delle date che non rappresentano nulla per loro. E possono affermare tranquillamente «questa non è la mia festa» senza creare scandalo ed essere insultati. Di converso nessuno invece può affermare di non voler festeggiare il 25 aprile senza essere insultato e additato come “sporco fascista!”.
In realtà ci sono tanti eventi per ricordare il 25 aprile: ad esempio, San Marco Evangelista. O aprile il 150° anniversario della nascita di un grande genio Italiano come Guglielmo Marconi. O rievocare la prima pubblicazione del romanzo «Robinson Crusoe» di Daniel De Foe nel 1719. Nel 1926 la “prima assoluta” della «Turandot» di Giacomo Puccini al Teatro alla Scala di Milano.
Come vedete quindi ognuno può trovare qualcosa da festeggiare il 25 aprile.