“Posticipare alle 23 la chiusura di pizzerie, gelaterie, bar e ristoranti e consentire il rientro verso casa con un coprifuoco morbido. Lo merita la Sardegna e lo meritano tutte le imprese che, in questi lunghissimi 12 mesi, hanno sofferto, perso fatturato e clienti ma che, quando hanno potuto, hanno lavorato in sicurezza, dopo aver investito per garantire ineccepibili condizioni di tutela della salute di tutti”. È questo ciò che chiede Confartigianato Imprese Sardegna, ai Governi Nazionale e Regionale, in attesa dell’auspicata uscita dell’Isola dalla zona rossa, a commento del DL Riaperture, che parrebbe imporre il coprifuoco alle 22 per qualche settimana.
“I criteri e le condizioni imposte per le riaperture delle imprese legate all’alimentazione e ristorazione – commentano Antonio Matzutzi e Daniele Serra, Presidente e Segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – appaiono ingiustificati nei confronti di attività che hanno puntato sulla prevenzione e dimostrato di non incidere in alcun modo sull’andamento dei contagi. E appaiono ancora più incomprensibili se si considera che lo scorso anno le attività di ristorazione furono fatte riaprire il 16 maggio, senza vaccini e vaccinati”.
Per rafforzare la propria proposta, Confartigianato Sardegna richiama il pensiero della nota immunologa dell’Università di Padova, Antonella Viola per la quale “spostare l’eventuale coprifuoco di un’ora, alle 23, permetterebbe ai ristoratori che stanno investendo nelle strutture all’aperto di affrontare con maggiore fiducia la ripartenza. Così come aiuterebbe il mondo dello spettacolo, duramente colpito dalle restrizioni. Non cambierebbe nulla dal punto di vista dei contagi, a patto che continuino i controlli”.
Nell’Isola, secondo i dati dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, oltre a bar e ristoranti, il mondo dell’alimentazione è composto anche da realtà che forniscono gli esercenti anche di prodotti freschi, semilavorati e pronti. Quindi, la ventilata chiusura alle 22, avrebbe di certo un impatto anche su attività economiche come panifici, caseifici, salumifici, birrifici e produttori di bevande, panifici e pastifici, aziende conserviere e della trasformazione dei prodotti orticoli ma anche aziende del trasporto merci, lavanderie e delle pulizie. Un mondo di circa 5mila imprese artigiane e che offre lavoro oltre 13mila dipendenti, in tutta l’Isola.
L’Associazione Artigiana, inoltre, giudica discriminatorie le regole che privilegiano le imprese che dispongono di spazi all’aperto. E, anche in questo caso, la somministrazione è soggetta a una serie di variabili non prevedibili, come il maltempo, che potrebbe vanificare il consumo sul posto e gli investimenti sostenuti per le riaperture.
Per Confartigianato Sardegna, le scelte intraprese finora dal Governo, seppur fatte per tutelare la salute di tutti e non ricadere nell’incubo delle chiusure, appaiono però insufficienti e penalizzanti.
“Considerata la campagna vaccinale e l’avvicinarsi della stagione estiva, ci aspettavamo ben altre decisioni – concludono Matzutzi e Serra – queste infatti rischiano di condizionare negativamente l’inizio della stagione turistica. Non vorremmo che il tutto si ripercuotesse anche sul resto dell’estate. La sensazione è quella che, alcune decisioni, vengano prese quasi automaticamente senza comprendere la realtà delle nostre attività. E un eventuale rigido coprifuoco alle 22 a luglio e agosto significherebbe disincentivare completamente il turismo e tutto l’indotto che esso comporta”.