Immediata l’azione di isolamento effettuata dall’Azienda ospedaliero universitaria. All’interno del reparto individuati 15 pazienti e 5 operatori positivi
Un’azione rapida per isolare il reparto, per impedire che eventuali contagi possano diffondersi all’interno dell’ospedale. È quanto avviato dall’Azienda ospedaliero universitaria una volta individuato un cluster di Covid-19 nel reparto di Clinica Medica, al secondo piano della palazzina delle Medicine in viale San Pietro. Qui lunedì sono stati accertati 15 casi di positività tra i pazienti e 5 tra gli operatori sanitari. È partita quindi una indagine epidemiologica interna per individuare il percorso della malattia e capire come possa essersi verificata l’infezione.
«La prima azione adottata – spiega il responsabile della Sorveglianza sanitaria, dottor Antonello Serra – è stata quella di isolare il reparto e bloccare i ricoveri. Il reparto resta attivo, con pazienti all’interno, ma in questo modo si impedisce a nuovi pazienti di entrare in contatto con il cluster. I negativi vengono messi in stanze singole, monitorati con tampone perché considerati ad alto rischio. I pazienti positivi, invece, come in questo caso, vengono trasferiti nei reparti appositi».
E infatti, è stato predisposto il trasferimento dei 15 pazienti positivi nei reparti Covid dell’Azienda. Tra questi anche il paziente ricoverato in appoggio nel reparto di Ortopedia, risultato poi positivo al tampone. La Sorveglianza sanitaria ha sottoposto a test sia gli operatori di quel reparto sia gli stessi pazienti e, al momento, non sono state riscontrate positività. Inoltre, tra i 15 positivi non si registrano patologie Covid ma soltanto la condizione di replicazione virale che, di per sé, non richiede terapie specifiche.
A carico del reparto di Clinica Medica, invece, sono rimasti altri 24 pazienti che, al momento negativi, sono stati messi in isolamento, compresi quelli in appoggio negli altri reparti. Tutti sono monitorati costantemente dal personale medico e infermieristico, in attesa si completi il possibile periodo di incubazione virale.
Gli operatori, inoltre, sono stati sottoposti a tampone antigenico di ultima generazione e, oltre ai 5 individuati e isolati al proprio domicilio, tutto il gruppo di lavoro al momento negativo resta in osservazione da parte della struttura di Sorveglianza sanitaria.
Da lunedì, la struttura diretta da Serra procederà a un secondo test con tampone. «È opportuno, infatti – spiega il responsabile della Sorveglianza sanitaria – lasciare trascorrere il tempo necessario per la replicazione virale che consentirebbe di individuare, così, eventuali nuovi positivi».
«Il cluster che si è creato in Clinica Medica ci ha da subito messo in allerta – prosegue Serra – e l’intervento effettuato, simile ad altri fatti in questi mesi in altri reparti, al momento sembra dare i risultati attesi. È chiaro che si tratta di situazioni a rischio e l’azione immediata è quella che consente di limitare o bloccare la circolazione del virus.
«Si tratta di una questione di ore – precisa –, prima agisci più in fretta riduci la diffusione del virus. Il nostro obiettivo, infatti, è quello di evitare che il cluster si espanda. E questo è stato fatto. Al momento, grazie ai provvedimenti emergenziali presi, la diffusione virale sembra essere controllata».
Adesso si andrà avanti per 10 giorni (dal momento dell’individuazione dell’infezione) con l’osservazione di pazienti e operatori, sino alla conclusione del periodo di incubazione. «Dopo di che – chiude Serra – sarà possibile riaprire il reparto».
Contemporaneamente viene portata avanti l’indagine epidemiologica che coinvolge la Direzione Medica del presidio, la direzione del reparto diretto dal professor Roberto Manetti, quella del dipartimento e la struttura di Igiene e controllo delle infezioni ospedaliere.
Sembrano, inoltre, premature le ipotesi che nelle scorse ore sono state fatte circolare su possibili falle in uno o in un altro reparto, come a esempio nel Pronto soccorso. «Non ci sono ipotesi in merito al momento – commenta la direzione aziendale dell’Aou di Sassari – e non può essere considerato il Pronto soccorso come capro espiatorio. Una struttura che, da inizio pandemia, non ha mai sospeso le sue attività e si è fatta carico di pazienti provenienti da tutta la Sardegna. Reparto nel quale, inoltre, vengono effettuati i tamponi ai pazienti in ingresso, proprio con l’obiettivo di individuare possibili casi».